| Se c'è un territorio culturale che, più ancora del romanzo e del cinema, senz'altro di più dell'architettura e della pittura, molto molto di più della poesia e della musica, riflette la propria epoca, questo è certamente, per gli evidenti rapporti con le cosiddette condizioni materiali d'esistenza e con le trasformazioni dei mezzi e dei rapporti di produzione, la cucina. Di qui l'idea di ripubblicare alcuni vecchi ricettari dell'anteguerra. E di ripubblicarli non solo e non tanto come riproposta di un'agonizzante cucina casalinga, fra popolare e borghese, quanto come documenti di storia, sia pure minore. Se l'Artusi (1891) è esempio principe di cucina postunitaria ed umbertina, parsimoniosa, classista, « chiusa in se stessa, sorda e un poco impietosa » (mentre Olindo Guerrini, negli stessi anni, trasfondeva il suo socialismo umanitario in un trattato sul riciclaggio degli avanzi), La nuova cucina delle specialità regionali di V. Agnetti, edita nel 1909, è un superbo documento di cucina in salsa giolittiana, cioè di proposta gastronomica « nazionale »: ovvero di federazione delle differenti tradizioni culinarie regionali (cogliendo anche una precisa « questione meridionale » della cucina) e, soprattutto, di unificazione interclassista, coll'accostare piatti regionali genuinamente popolari e piatti regionali tipicamente borghesi, piatti di grande semplicità e quasi rozzezza e piatti di micidiale complessità e raffinatezza. |