| Vista retrospettivamente dall'esterno, la vita militare appare altrettanto ricca di non-sense e involontaria comicità di una commedia di Ionesco; vista dal didentro, si mostra come la più spersonalizzante ed alienante delle «istituzioni totali». Simile al carcere e al manicomio, se non altro per il fatto che di norma ci si entra e ci si resta per costrizione esterna, in un punto l'esercito se ne discosta: nel garantire, in tempo di pace, un «soggiorno» limitato nel tempo. Sono i famosi «15 mesi», avvertiti da tutti come un «buco» nella propria esistenza, un'innaturale parentesi in cui ci si deve svuotare accuratamente di ogni personale idea, interesse, attivita, e lar la scelta «di principio» del menefreghismo, del servilismo, dell'ipocrisia, dell'arte di arrangiarsi. Eppure, come suona quello che è forse, tra i molti luoghi comuni sui servizio militare, il più diffuso e radicato: «E' la naja che fa diventare uomini! »; dal che si evince che «uomo» non e chi e disposto a difendere, sempre e dovunque, le sue posizioni, la sua maniera di pensare, semplicemente, un minimo di identità, ma chi ha imparato a lavarsi i calzini e a bullar gill senza smorfie il più triste contenuto di gavetta. Signornò non e un libro di «straordinarie» esperienze e di sottilissime interpretazioni, ma il diario - minuzioso, lucido, feroce - di un "normale" servizio militare. Si ha I'impressione, a prima vista, che avrebbe potuto (dovuto?) scriverlo chiunque. L'ha scritto (e non a caso) un amico ed allievo, a Barbiana, di don Lorenzo Milani. |