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La casa editrice piange la morte del suo Past-President Angelo Marconi. E lo ricorda così

È deceduto lo scorso venerdì 26 agosto all’Ospedale di Rimini l’Ing. Angelo Marconi, Presidente del Gruppo Ripabianca, Vice Presidente nazionale della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, già Presidente dell’Associazione Industriali di Rimini, nonché vice Presidente dell’Accademia dei Filopatridi. Era nato a Savignano sul Rubicone il 18 marzo 1930. Si era laureato in Ingegneria a Bologna nel ’56. Lascia la Moglie Luisa Guaraldi, quattro figli e 10 nipoti. È stato presidente della Guaraldi Editore dal 2001 al 2007.

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Ricordo di Angelo
di Mario Guaraldi

Non “se ne è andato”, non è “scomparso” – come si usa dire maldestramente in questi casi – Angelo Marconi, l’Ingegnere, come tutti lo chiamavano. Al contrario: è ben presente in questa nostra Rimini che lo ha visto non-protagonista, cioè protagonista vero, silenzioso, umile, defilato, di tutti i momenti più importanti e significativi della sua storia, dal dopoguerra a oggi.
Basterà alzare gli occhi, in piazza Cavour, alle finestre dell’Associazione Industriali, di cui è stato “il” Presidente per eccellenza, inventandosi quell’Osservatorio economico sulla realtà riminese che vide la nascita del tandem Cardellini-Gardini: un periodo fertile e irripetibile di passione civile per il nostro territorio, come non c’è più stato. Ora, Silvano e Angelo non hanno bisogno di nessuna “botta d’orgoglio” per ricordare a tutti i riminesi il lavoro fatto assieme: fu semplicemente quello che, per entrambi, era il loro dovere.
Basterà passeggiare lungo il porto e buttare un occhio alla Darsena che ha cambiato il volto della città: non è precisamente quella che avrebbe voluto l’Ingegnere, ma nessuno potrà negare che senza la sua paziente, testarda, indefettibile determinazione, contro tutto e contro tutti, oggi non ci sarebbe. Quel progetto, il “suo” progetto di Darsena, ha attraversato tutte le stagioni politiche del dopoguerra: e l’anticomunista convinto Angelo Marconi non ha avuto problemi a riconoscere pubblicamente che se quel progetto è giunto a termine lo è stato per merito del comunista Giuseppe Chicchi.
Basterà guardare alle vicende della crisi finanziaria che ha travolto le Banche, per capire le ragioni del suo risoluto presidiamento della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, di cui è stato vice-Presidente nazionale, per capire le ragioni della sua etica,contraria ad ogni speculazione, sospettosa di ogni bolla, ostile verso ogni interesse privato in atto d’ufficio, inconciliabile con ogni possibile conflitto di interessi.
Basterà mettere piede nelle sale savignanesi dell’Accademia dei Filopadridi per capire al volo che anche la sopravvivenza di questa storica Istituzione, anzi il suo rilancio, lo si deve all’opera nascosta di Angelo Marconi, che non ha mai voluto diventarne Presidente come era invece nelle aspettative di tutti e come avrebbe meritato a pieno titolo. Amava la cultura, Angelo, sinceramente, ma era come se non si sentisse all’altezza: non sapeva che proprio per questo era ben superiore a tanti pretesi “intellettuali”.
L’ingegnere è stato un vero “imprenditore”, nel senso più alto e nobile del termine: uno per cui i termini “impresa” e “lavoro” coincidevano, e l’intrapresa nient’altro che il sistema virtuoso per creare ricchezza, per tutti. Così ha costruito l’impero delle sue fornaci, quel Gruppo Ripabianca che ha “osato” persino penetrare in territorio imprunetino per tentare di salvare alcune aziende storiche di quella Toscana patria della sua adorata “terracotta”. Ma soprattutto ha creduto in quella “cultura industriale” che ben pochi fra i suoi colleghi hanno praticato, e che lo portò a volere a tutti i costi, invece di un gadget qualsiasi, un piccolo capolavoro editoriale nato sotto la sua guida, titolato “Con la terra e con il fuoco” , vera “apologia” delle lontane radici romane della sua “vocazione di fornaciao”, di cui andava fiero.
L’amava davvero, il suo lavoro, Angelo, in maniera sviscerata, con una dedizione assoluta che ha trasmesso al suo primogenito, Michele. Mentre a Lorenzo ha trasmesso quel gusto per il “calcolo” – che lui faceva ancora esclusivamente col vecchio “regolo”, disdegnando il computer – che gli è valso una posizione di Professore all’Università di Bologna. Angelo andava orgoglioso di entrambi. Ma la sua “scuola” ha marcato anche le due figlie: la primogenita Paola, psicologa all’ASL di Rimini; ed Elena, imprenditrice col marito nel settore dei software e dei computer.
Una gran bella famiglia, la sua, incardinata al suo “doppio”, l’Angelo del focolare, sua moglie Luisa, mia sorella, cuoca clamorosa acclamata da generi, nuore, nipoti e amici, che al secondo bis del capofamiglia - e tale era davvero - si prendeva il lusso di rimproverarlo – vedi? Non mi ubbidisce! – professando di volerlo tenere a dieta.
Era generoso, l’Ingegnere, enormemente generoso. A dispetto della sua apparente parsimonia nelle piccole cose, uno stile di vita che era quello di suo padre e di suo zio Gioacchino, in onore del quale ha trasformato la vecchia casa di campagna, a Montalbano, in uno splendido Agriturismo – Le Antiche Macine – in cui ha letteralmente spremuto le sue ultime gocce di energia: “il posto più bello del mondo” , mormorava, subito prima di morire, raccogliendo con le mani ciliegie che ormai erano di un altro Regno.
Conosco personalmente la sua generosità: se la Casa editrice è ancora viva, lo deve a lui, che umilmente ha accettato di esserne il Presidente negli anni più duri. Ma anche i suoi generi , e tantissimi amici, sanno con quale disponibilità e generosità ha assecondato e favorito le loro rispettive “vocazioni” , con quale amore ha custodito le loro famiglie, con che premura ha saputo fare il nonno.
Tarderà molto a nascere, se nasce – riderà di sicuro, Angelo, di questa citazione di Federico Garcia Lorca che però affiora prepotentemente nel mio cuore – un romagnolo così chiaro, così ricco d'avventura. Ma io canto davvero la sua eleganza, la sua sobrietà, la sua riservatezza, la sua bontà, con parole che gemono e ricordo una brezza triste negli ulivi, a Montalbano.

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