| È possibile, partendo dalle sollecitazioni di grandi critici d’arte come Roberto Longhi e Francesco Arcangeli, che avevano ipotizzato in sede critica l’esistenza di un “genio” emiliano o padano, rileggere Tondelli alla luce di una condizione strettamente “emiliana”? È l’azzardo da cui parte Luigi Levrini nel suo Il tramando emiliano nell’opera di Tondelli, uno studio acuto e per nulla convenzionale che rilegge l’opera di Tondelli, tenendo ben presenti i rimandi che Francesco Arcangeli usava nel suo approccio alla pittura, effettuando una sorta di lettura comparata del critico e dello scrittore. L’indagine porta cosí a scoprire la lingua stratificata e composita nel primo Tondelli, dove si può cogliere il pastiche della tradizione popolare padana, per poi osservare come lo sguardo dello scrittore sembra incupirsi, farsi malinconico. Entra cosí in gioco l’altra faccia del tramando padano, quella lunare, che fa da contrappunto all’euforia carnale carnevalesca dei “buffoni” che segna la prima parte dell’esperienza letteraria tondelliana. Dal corpo si passa al sentimento, altra parola chiave del pensiero critico di Arcangeli e ne è esempio compiuto l’ultimo romanzo di Tondelli, Camere separate, che mette in gioco tante declinazioni di questo alfabeto sentimentale: sentimento delle cose, sentimento del tempo, sentimento delle stagioni. Levrini, con grande competenza critica, attraverso una scrittura densa e matura, accompagna il lettore alla ricerca di quelle “costanti” del “tramando” emiliano-padano, di questa “tradizione apparentemente non costituita”, di questo fiume che scorre sotterraneo e lega personalità diverse, come una radice essenziale in cui riconoscersi e attraverso la quale riconosciamo Tondelli e tutti gli artisti e gli scrittori da lui amati. Il testo qui proposto ha vinto l’edizione 2006 del Premio Tondelli per tesi di laurea specialistica, promosso dal Centro di documentazione “Pier Vittorio Tondelli” del Comune di Correggio. |